Chiara Ferragni e il “Vaso di Pandoro”

Chiara Ferragni e il Pandoro Balocco sono finiti su tutti i giornali. Ovunque si parla dello scandalo e del video con delle “semi-scuse” che l’influencer ha pubblicato, promettendo di riparare al suo errore con una donazione per la ricerca contro l’osteosarcoma; 

  • Ma è veramente la scelta giusta? 
  • Come avrebbero dovuto agire Balocco e la Ferragni? 
  • Come si dovrebbero comportare adesso? 

E soprattutto, che insegnamento importante potete ricavarne TU e tutte le aziende che hanno in mente di fare beneficenza?

Ho pubblicato un video in merito sul mio canale YouTube Altrimenti Merendiamo (Guardalo ORA) e poi voglio approfondire l’argomento in questo articolo.

 
Sono decisamente arrabbiato per quello che è successo, ma cercherò di essere più oggettivo possibile per darti la possibilità di trarre lezioni preziose dalla figura di “melma” che ha fatto la Ferragni.

Se leggerai questo articolo fino alla fine, imparerai nello specifico:

  • Come NON fare marketing.
  • Come NON fare beneficenza.
  • Come devi comportarti quando vuoi ingaggiare un testimonial.
  • Come devi rispondere quando hai fatto un errore GRAVE.

Prima di tutto, nel caso in cui tu fossi sceso adesso dal pianeta Marte e non avessi mai sentito parlare del “Pandoro Gate”, ti riassumo i fatti. 

La Ferragni l’anno scorso ha promosso un’iniziativa di beneficenza per i pandori della Balocco

Ha invitato i consumatori ad acquistare un’edizione limitata del pandoro (dedicata a lei, con tanto di logo con l’occhio e zucchero a velo rosa), facendo intendere che i proventi dell’iniziativa sarebbero stati destinati a una causa benefica (la ricerca contro l’osteosarcoma, un tumore delle ossa).

Il problema è che lei non ha mai donato nemmeno un euro per quella iniziativa, ed è finita nei guai.

In questa vicenda sono stati commessi errori a catena, dal punto di vista umano ma anche da quello del marketing. Errori che tu non devi MAI commettere, se ci tieni alla tua azienda.

Vediamo prima di tutto come avrebbe dovuto funzionare la collaborazione con Balocco, e quali sono stati gli errori ai vari livelli. 

Balocco e Chiara Ferragni: la Strategia di Marketing

Usando il linguaggio tecnico del marketing, possiamo parlare di un’attività di co-branding tra Balocco e la Ferragni. 

In pratica funziona così: l’azienda produttrice mette sui suoi prodotti, in questo caso il pandoro, il marchio di un’altra azienda partner, creando una fusione dei due brand.

Il brand Balocco e il personal brand Ferragni si uniscono per un’iniziativa promozionale condivisa. E fin qui niente di male; il co-branding è un’attività comune, spesso piuttosto utile per le aziende.

Ti sarà capitato di vedere operazioni simili un po’ ovunque. 

Per esempio, quando vai al McDonald’s trovi i gelati con gli Smarties, i biscotti Oreo o i Baci Perugina, oppure le sorprese dell’Happy Meal con i personaggi dei cartoni animati. 

Oppure, tempo fa Esselunga proponeva il villaggio di Topolino, una raccolta di miniature di edifici in cartoncino che unite insieme creavano una sorta di gioco dell’oca in salsa Disney.

O ancora, avrai visto in grandi negozi di abbigliamento come Primark delle collezioni di abiti e accessori legati a film famosi, da Harry Potter a Barbie, passando per The Nightmare Before Christmas.

Questo per dire che non c’è nulla di strano o malvagio nel fare co-branding. È una pratica consolidata.

Il punto è che in teoria lo scopo dichiarato di questa collaborazione era fare beneficenza. Ma l’antitrust ha scoperto che si trattava di una pubblicità ingannevole. 

Dal mio punto di vista siamo più vicini alla frode, e poi ti spiegherò perché. Per ora, voglio esporti i fatti in maniera oggettiva. 

Sta di fatto che l’attività di vendita dei pandori marchiati Ferragni non era direttamente collegata alla beneficenza. Non c’era una donazione direttamente proporzionale al numero di vendite ricavate dall’iniziativa di co-branding. 

La Balocco in realtà aveva fatto un’iniziativa di beneficenza, ma molti mesi prima (a maggio aveva donato 50.000 € all’ospedale Regina Margherita di Torino). 

Non ha destinato neanche un euro, dal ricavato della vendita di quei pandori, alla causa benefica tanto sbandierata da Chiara Ferragni. 

Dopo quei 50.000 €, non ha donato nient’altro. 

Lei invece ci ha guadagnato eccome!

Il compenso di Chiara Ferragni: un milione di euro per “metterci la faccia”

L’influencer ha firmato un contratto in cui era previsto un compenso di un milione di euro per l’attività di co-branding.

In pratica si è fatta pagare per mettere il suo logo sulla confezione del pandoro, e per usare la sua immagine per promuoverlo. 

Ha detto alla Balocco: “Volete il mio nome sul vostro pandoro? Volete che vi faccia pubblicità mettendoci la faccia? Mi dovete dare un milione di euro”.

Anche qui, niente di strano. Va benissimo… se non fosse che di questi soldi lei si è tenuta TUTTO. Ogni singolo centesimo.

Quindi a differenza della Balocco, che perlomeno aveva donato qualcosa anche se in un altro periodo, lei non ha versato nulla in beneficenza. 

Quando questa storia è venuta fuori, ovviamente si è scoperchiato un vaso di Pandora (anzi, di “Pandoro”!). 

All’inizio le reazioni sono state prudenti, perché un simile errore sembrava davvero difficile da credere. 

Persino io, in un video precedente con Matteo Flora (se non lo hai visto lo trovi qui), sono stato possibilista. 

Ho detto: “Ci sarà stato un errore, saranno stati i giornalisti a ingigantire la questione come fanno sempre!”.

Mi aspettavo che venissero fuori dei documenti, delle email o dei messaggi in grado di chiarire l’equivoco. 

In effetti i documenti sono saltati fuori… ma il contenuto ha aggravato la situazione!

Chiara Ferragni è stata investita da una valanga di guano che non finisce più. 

Le mail tra Balocco e Chiara Ferragni e la reazione di Fedez

Come prima azione la Balocco ha divulgato delle mail interne tra loro e l’influencer, dalle quali si capisce che erano tutti al corrente della situazione.

Non ci hanno fatto una gran figura, ma hanno scaricato Chiara e l’hanno data furbescamente in pasto alla stampa, aggravando la sua posizione.

Nelle mail infatti quelli dalla Balocco si lamentavano che gli utili della vendita dei pandori fossero andati tutti alla Ferragni. In pratica, è come se li avessero prodotti solo per pagare lei. 

Loro non hanno ottenuto profitti, lei non ha devoluto nemmeno un euro in beneficenza. Alla fine, viene fuori che è l’unica ad averci guadagnato.

Dopo che la Balocco ha scaricato la Ferragni anche Fedez, suo marito, ha fatto lo stesso. 

Invece di cercare di calmare le acque e dare una spiegazione, si è tirato indietro dicendo che lui non ha niente a che fare con le cavolate che fa la moglie.

C’è gente che chiederebbe il divorzio per molto meno!

Ma non voglio entrare nelle questioni coniugali tra Fedez e la Ferragni, perché non c’entrano con quello che ti voglio insegnare. 

La vicenda è andata avanti con varie indagini, indignazione generale, Selvaggia Lucarelli che ha criticato Chiara perché ha tanti soldi ma sembra che non le bastino mai… 

Insomma, un polverone enorme.

Il nocciolo della questione però non è questo. Quello che ci interessa è il come è stata gestita questa crisi, perché ci sarebbe molto da dire sulla comunicazione della Balocco (e della Ferragni, ma ci arrivo tra un po’).

Se guardi i giornali, ci sono vari appelli accorati da parte dell’azienda. Puntano tutto sulla dipartita di Alberto Balocco, scomparso a soli 56 anni, e sul destino dei lavoratori.

Premetto che io non ho niente contro la Balocco, anzi: è un’azienda che mi piace. 

Ho il massimo rispetto per chi ci lavora, e dal punto di vista umano mi rendo conto che c’è stata una tragedia.

Quindi vorrei dare alcuni suggerimenti ad Alessandra Balocco (Presidente e Amministratore Delegato della Balocco Spa), in un’ottica costruttiva.

Come NON fare marketing: gli errori da evitare se non vuoi che i tuoi nemici ti saltino alla gola

Tutte le iniziative di marketing basate sulle tematiche woke, il green washing, l’uso di testimonial particolarmente schierati, il parlare di beneficenza a casaccio ecc., se non vengono fatte con rigore provocano delle conseguenze.

Proprio perché ci sono 300 famiglie che dipendono dall’azienda, che è già in difficoltà economiche, bisogna evitare di finire in queste situazioni equivoche!

Quelli della Balocco, invece di fare beneficenza, hanno fatto un disastro. 

E in più hanno dato un milione alla Ferragni, che sicuramente non ne ha bisogno, quando in Italia circa l’8% della popolazione è in condizioni di indigenza.

Ci sono più di 6 milioni di Italiani in povertà assoluta, e molti di questi non riescono nemmeno a fare un pasto completo una volta al giorno. 

Non conosco le cifre, ma se in GDO il pandoro Balocco viene venduto a circa 4 €, vuol dire che il costo sarà probabilmente tra 1 e 2 €.

L’azienda avrebbe quindi potuto fare beneficenza con una campagna di branding straordinaria.

Beneficenza vera! 

Come fare beneficenza: la strategia corretta che Balocco avrebbe potuto adottare e che devi seguire anche tu

Invece di dare un milione a Chiara Ferragni, Balocco avrebbe potuto donare un milione di pandori ai bambini poveri. Con la stessa spesa.

Inoltre, avrebbe potuto fare una campagna per invitare le persone a comprare i loro prodotti e contribuire alla causa benefica. 

Sarebbe bastato dire: “Abbiamo regalato un milione di pandori, e questi altri li mettiamo in vendita. Per ogni pandoro che comprate ne doniamo un altro ai bambini poveri”.

La donazione di partenza avrebbe già reso felici la metà dei bambini italiani in condizioni di indigenza. Facendo appello alla generosità delle persone, si sarebbe raggiunto un risultato straordinario. 

È così che si fa! 

La beneficenza si fa per chi ne ha bisogno. Non per Chiara Ferragni, alla quale quei soldi non servono.

Mi rivolgo ad Alessandra Balocco, ma vale anche per te e in generale per chiunque stia pensando di fare una campagna con un influencer. 

Ci sono modi migliori di fare beneficenza. 

Oppure, se proprio si voleva percorrere la strada del co-branding, ci si poteva mettere d’accordo in un altro modo. 

Per esempio, dicendo alla Ferragni: “Io ti do questo cachet, e tu lo destini immediatamente in beneficenza”.

O anche al contrario. 

Lei avrebbe potuto dire: “Voglio partecipare a questa iniziativa. Voglio un milione di euro, lo mettiamo a contratto, ma li rigirerò immediatamente in beneficenza”.

Questa sarebbe stata un’operazione di co-branding efficace (e decisamente più utile). 

Poi ne parlerò più nel dettaglio. Prima però voglio mostrarti alcune cifre interessanti. 

Ci sono imprenditori che si ritengono intelligenti e si lanciano in collaborazioni con gli influencer, senza rendersi conto di come gira veramente il mondo. Perciò voglio fare chiarezza. 

Mi sono rotto le scatole di sentire una marea di sciocchezze sul cosiddetto “influencer marketing”, quindi seguimi attentamente perché parliamo di numeri.

“Influencer marketing”. Funziona davvero?

Per cominciare, questo è uno screenshot del profilo instagram di Chiara Ferragni.

Ha circa 30 milioni di follower solo su Instagram. Di conseguenza, il “monte follower” di tutte le piattaforme è un numero enorme, inimmaginabile.

Visto che per avere un dato preciso dovremmo controllare tutti gli utenti per verificare chi la segue su più social network, e ovviamente questo non è fattibile, diciamo per semplicità che i suoi seguaci siano solo questi 29,7 milioni. 

Grazie a questa iniziativa con Balocco sono stati venduti 290.000 pandori, mentre 72.000 sono finiti al macero. Tanto che è stata aperta un’indagine, perché esiste un regolamento specifico contro lo spreco alimentare che è stato violato. 

L’aspetto che più di tutti mi fa venire voglia di bestemmiare è che questi non hanno dato in beneficenza nemmeno i pandori che stavano per andare a male!

A ogni modo, i numeri parlano chiaro. Il tasso di conversione della campagna con la Ferragni è inferiore all’1% dei suoi follower (considerando solo quelli su Instagram!).

E non finisce qui. La situazione è ancora più grave, perché bisogna tenere presenti altri dati. 

Per esempio, il fatto che la Balocco è già un leader italiano del settore. Non parliamo di un’azienda sconosciuta: i pandori li vende da sola, anche senza bisogno del co-branding.

Bisognerebbe calcolare quanti ne ha venduti in più grazie a questa ulteriore sponsorizzazione di Chiara Ferragni. 

Senza dimenticare che li ha venduti con una bugia, affermando che i compratori avrebbero contribuito a sostenere la ricerca sull’osteosarcoma. 

Non ha invogliato a comprarli facendo leva sul suo stile glamour, ma ha fatto un appello alla solidarietà.

Io ti assicuro che con il milione di euro dato alla Ferragni si sarebbero potuti vendere molti più pandori, con iniziative di marketing diverse. 

E soprattutto si sarebbe potuta fare MOLTA più beneficenza.

Quello che devi capire è che c’è una differenza, tra influencer e imprenditore.

Influencer VS Imprenditore digitale. Qual è la differenza?

Chiara Ferragni oggi è entrambe le cose, ma è partita come influencer. 

È a capo di due aziende: La Fenice e TBS Crew. Una vende prodotti veri (make up, accessori ecc.), l’altra vende i diritti di immagine delle sue sponsorizzate.

Premetto che io non ho niente contro gli influencer. Non ho pregiudizi, e non condivido nessuna delle critiche che vengono fatte a questa categoria. 

Anche perché sono il primo a svolgere delle attività online, quindi non avrebbe senso.

C’è però una differenza sostanziale.

L’imprenditore digitale è qualcuno che vende realmente dei prodotti o dei servizi e fa pubblicità online. Coltiva i suoi profili social e fa autopromozione.

Poi ci sono gli influencer puri. È gente che non vende niente e non sa fare niente. Non sa recitare, non sa ballare, non sa cantare… non ha nessuna skill particolare.

L’unica capacità che ha è farsi dei selfie. Non parlo di Chiara Ferragni, ma degli influencer in generale. 

Sono persone che fanno dei selfie mentre mangiano, indossano roba strana, mostrano degli oggetti o si fanno vedere in costume (o senza) in spiaggia.

Sto banalizzando, ovviamente, ma resta il fatto che in questo caso l’obiettivo è attrarre un pubblico di curiosi, farsi seguire e poi rivendere quel pubblico.

La Ferragni ha cominciato così. È arrivata prima nel suo mercato, e ha creato un posizionamento. 

Se hai studiato qualsiasi testo di Al Ries, sai che questa è la base. Potremmo definirlo “Positioning 101”: chi arriva prima si impone nel suo settore. 

Chiara è stata bravissima, non la sto sminuendo. Si è dedicata a quest’attività per anni con dedizione. 

Resta il fatto, però, che all’inizio è partita senza alcuna skill. Il suo lavoro era farsi dei selfie.

Poi certamente si è affidata a dei bravi manager, sono entrati dei fondi di investimento, ha iniziato anche a creare i suoi prodotti, perciò è diventata anche un’imprenditrice.

Ha avuto un discreto successo. Per intenderci le sue aziende generano circa 14 milioni di euro, pari a circa 7 milioni di utili. Le aziende di Fedez invece producono circa 20 milioni di fatturato per circa 6 milioni di utili. 

Poi ovviamente ci sono le tasse, le quote dei soci ecc. Non sono tutti soldi loro. 

Diciamo per banalizzare che, alla fine della fiera, Fedez e sua moglie guadagnano più o meno 3 milioni a testa.

La Ferragni è cresciuta molto negli ultimi anni, ma bisogna distinguere la realtà dalla mistificazione.

Si capisce che quando arriva un’azienda che per una sponsorizzazione ti dà un milione è facile arrivare a un fatturato di 14 milioni. Ma non significa che tutte le aziende del mondo ti vogliano assumere.

Ripeto, io non ce l’ho con Chiara Ferragni. 

Per inquadrarla meglio devo però confrontarla con un imprenditore digitale, possibilmente nello stesso settore. Quindi prenderò Cristina Fogazzi, l’Estetista Cinica.

Esiste più o meno da quando esiste la Ferragni, e vende più o meno le stesse cose (siamo sempre nell’ambito del make up e della bellezza). È una bella donna, ma non usa la sua fisicità come marchio di fabbrica per farsi dei selfie.

Non è una influencer, ma un’imprenditrice digitale che si muove benissimo online. 

Cristina l’anno scorso ha chiuso il bilancio con 64 milioni, contro i 14 di Chiara.

Si fa presto a fare il conto: sono 50 milioni in più. E aggiungo che ci sono 10 milioni di utile, pur vendendo prodotti fisici. 

A differenza di Chiara, che fa il grosso degli utili con l’azienda di servizi che praticamente non ha costi, qui ci sono eccome.

Io penso che Cristina Fogazzi sia una grandissima imprenditrice, che fa numeri straordinari. Chiara Ferragni è brava, ma non ha il potere mediatico che le viene attribuito. Né per sé stessa, né per vendere i pandori, come abbiamo visto. 

Ma non fermiamoci qui. Voglio andare avanti, perché le lezioni da imparare da questa vicenda non sono ancora terminate.

Comunicazione in caso di crisi: come NON rispondere alle critiche dopo aver fatto un errore grave

Torniamo allo scandalo dei pandori. Dopo un anno dalla campagna Balocco sono venuti fuori tutti gli altarini, e la Ferragni è stata investita da un mare di critiche.

Ha quindi risposto su Instagram piena di livore, senza scusarsi.

Facendo una parafrasi e traducendo non solo quello che ha scritto, ma anche quello che ha sottinteso con il suo linguaggio non verbale, praticamente ha detto: 

Voi poveri non mi dovete giudicare e non dovete rompere, perché la mia famiglia fa beneficenza da tanti anni. Io sono la Ferragni e voi non siete nessuno.”

Ovviamente, è successo il finimondo. 

La gente si è arrabbiata, e gli sponsor hanno iniziato a chiamarla minacciando di non darle più una lira.

In seguito a questo, lei ha preparato una seconda risposta (Qui trovi il video).

Si è colorata i capelli (non sembra più bionda), si è truccata per sembrare emaciata e si è scusata, girando una video risposta “improvvisata”. 

In realtà probabilmente c’erano 12 persone intorno a lei a filmare, incluso uno con un fucile che le diceva: “Scusati, altrimenti ti sparo”. 

Sto scherzando ovviamente. Quello che conta è che nel video ha chiesto scusa, ma in realtà non si è scusata affatto.

A sentirne parlare sembra una buona mossa. Si è scusata, ed è già qualcosa. 

Il problema è che ha definito il suo sbaglio “un errore di comunicazione”. Ma qui la comunicazione non c’entra niente.

Non è stata fraintesa, non ha sbagliato a comunicare. Ha usato la parola beneficenza, ma stava prendendo dei soldi. 

Qui non c’è nulla da fraintendere. È una cosa che non si fa.

È di una gravità imperdonabile. La regola universale, che tutti noi dobbiamo seguire, è:

Mai nominare la parola sacra (beneficenza) quando non la stai facendo

Io sto cercando di essere più lucido possibile, ma tutta questa storia mi fa arrabbiare sul serio. 

Conosco e ho conosciuto persone affette da osteosarcoma. È una malattia infame e dolorosissima. 

Per me il suo comportamento è intollerabile. Ha fatto credere che avrebbe sostenuto la ricerca, ma si è solo intascata i soldi.

Si è scusata e ha donato un milione? Vero, ma è sembrata dispiaciuta solo di essere stata scoperta, e alla fine ha donato solo quello che aveva già ricevuto da Balocco.

Non è stata sincera. Il video di “scuse” è artefatto e poco credibile. 

Pensa che il video è stato scansionato con un software che analizza le microespressioni con il metodo di Paul Ekman (per intenderci, quello che si vede nella serie tv Lie to Me).

Non so quanto sia attendibile, ma è carino riportarlo perché è un’azienda italiana che ha fatto questo studio.

Quello che è emerso è che non c’era un reale coinvolgimento emotivo. 

E fin qui ci può anche stare, perché davanti alla telecamera una persona può irrigidirsi, in una situazione così imbarazzante.

Però l’emozione dominante, secondo il software, è il disgusto.

È stato girato con una troupe per rimediare alla prima risposta che aveva scatenato una pioggia di polemiche, ma era quello il suo stato d’animo. 

La sua risposta vera è la prima. 

A me nella sua situazione sarebbe venuto da piangere, pensando alla mia idiozia. Lei invece era disgustata. Non penso che le sue scuse siano sincere. Ha dovuto farle, perché altrimenti la sua carriera sarebbe andata a rotoli.

In più, molto furbescamente, ha dichiarato che se la multa sarà più leggera donerà anche la differenza, mettendo chi si occupa del caso nella difficile posizione di dover passare per il cattivo. 

Come se tutto questo non bastasse, poi, c’è da dire anche che con le sue azioni non ha fatto altro che dimostrare quanto questo sia il modus operandi della famiglia Ferragni.

Infatti, da quel momento in poi sono spuntate su tutti i giornali altre aziende che rivelano comportamenti simili.

Per esempio, è stata scaricata da Dolci Preziosi. 

È venuto fuori che nel 2021 e 2022 ha incassato più di un milione per una iniziativa “benefica” (come quella di Balocco) legata alle uova di Pasqua

Un’altra operazione di co-branding, analoga a quella dei pandori. Anche in questo caso non c’era alcuna correlazione tra la vendita e la beneficenza, ma il marketing lasciava intendere il contrario. 

L’associazione “I bambini delle fate”, destinataria dei fondi, ha dichiarato di aver ricevuto solo 36.000 € (donati probabilmente da Dolci Preziosi). 

In più sostiene di aver cercato di contattare la Ferragni per chiedere una donazione, ma senza successo perché lei si è resa irreperibile. 

Chissà cosa verrà fuori nei prossimi giorni, perché ogni minuto vengono rivelate nuove attività simili. 

A me non piacciono i linciaggi mediatici, ma è evidente che questo è uno schema ricorrente. 

Lei e la sua famiglia lo ripetono di continuo.

Fedez, Ferragni e la “beneficenza” come strumento di marketing

Per esempio, durante una festa in cui hanno sprecato una grande quantità di cibo sono stati ripresi mentre dicevano: “Diciamo che lo diamo in beneficenza”

Hanno l’abitudine di usare questa parola a sproposito per crearsi un’immagine. Fedez non è da meno della moglie, e anche su di lui si stanno scoprendo gli altarini.

Aveva dichiarato per esempio di aver donato 150 posti letto durante la pandemia, ma la Regione Lombardia ha scaricato Fedez, facendo sapere che erano solo 14.

Ora, non so quanto costi un posto letto, ma non credo che 14 di questi meritino tutto questo ritorno di immagine e benevolenza.

Sì, ha fatto beneficenza, benissimo. Ma meno di un decimo di quello che ha dichiarato.

Io non sono tra quelli convinti che la beneficenza vada fatta in silenzio. Loro sono multimilionari, sono molto seguiti. Va benissimo se ne parlano. 

Anzi, così facendo usano la loro influenza per invogliare eventualmente altre persone a donare. È importante coinvolgere più gente possibile nelle iniziative serie, e non soltanto nel make up.

Ma almeno facessero davvero le donazioni di cui parlano!

Non serve fare beneficenza di nascosto. Serve fare beneficenza VERA

Se Fedez ha dichiarato di aver donato 150 letti, ma ne sono arrivati 14 (facciamo finta si sia trattato di un errore o di un disguido), non deve fare altro che aprire il portafogli e comprare quelli che mancano. 

Ha un patrimonio enorme, un successo meritato come musicista, tanta influenza, un’immagine di persona superiore a livello morale… 

…Che la dimostri questa superiorità morale!

Non voglio passare per hater. Sono contento che Fedez faccia beneficenza, e chiedo semplicemente che ci sia un impegno concreto. 

Detto questo, mettiamo per un attimo da parte Fedez e la Ferragni, perché voglio spiegarti come fare a uscire da un eventuale pasticcio simile. 

Prenderò come esempio un altro personaggio: Dana White. 

Dana White e la comunicazione di crisi: come si recupera dopo un errore madornale 

Dana White, se non lo conoscessi, è il presidente della UFC, con la quale noi attraverso Venator abbiamo una collaborazione attiva.

È una persona che muove soldi veri. Ha fatto una fusione con la WWE, quelli del wrestling. Insomma, un colosso mediatico enorme. 

Prima della fusione, mentre stavano raccogliendo sponsor per la quotazione in borsa, ha fatto un errore disastroso. 

A Capodanno, durante una festa, è stato ripreso all’interno di un locale mentre dava uno schiaffone alla moglie.

Considera che lui ha sempre partecipato a campagne contro la violenza sulle donne, quindi la stampa si è scatenata. 

Altro che lo scandalo della Ferragni. Era un bagno di cacca assoluto. Come ha reagito?

Si è fatto intervistare subito dopo il fattaccio, il giorno dopo o comunque pochissimo tempo dopo.

Se fosse stata la Ferragni, probabilmente avrebbe sminuito l’accaduto. Avrebbe detto che nessuno deve giudicarla, che in famiglia sono cose che succedono o qualcosa di simile. 

Invece lui è di tutt’altra pasta. Leggi le sue parole

“Sono a Cabo, in Messico, per le vacanze con la mia famiglia. Io e mia moglie eravamo fuori sabato sera per la notte di Capodanno, e purtroppo è successo quello che è successo. Sono una di quelle persone. Mi avete sentito dire per anni che non c’è mai una scusa per un uomo per mettere le mani su una donna. E ora eccomi qui su TMZ a parlarne.”

Poi ha continuato contestualizzando il suo rapporto con la moglie, per chi non lo conoscesse.

“Io e mia moglie siamo sposati da quasi 30 anni. Ci conosciamo da quando avevamo 12 anni. Ovviamente abbiamo passato insieme delle brutte situazioni, e abbiamo tre figli. Questa è una di quelle situazioni orribili. Sono imbarazzato. Ma è anche una di quelle situazioni in cui ora siamo più preoccupati per i nostri figli. Ovviamente quando è spuntato il video lo abbiamo mostrato ai bambini. Ora siamo più concentrati sulla nostra famiglia.

Nota come non ha parlato dell’azienda, della fusione o altro, ma si è concentrato sui bambini.

“Le persone avranno delle opinioni su questo, e la maggior parte delle opinioni saranno giuste, specialmente nel mio caso. Non si mettono mai le mani su una donna. Io e mia moglie ovviamente ci amiamo, e siamo stati insieme per molto tempo. Ci conosciamo da quando eravamo molto piccoli, e questa è solo una di quelle situazioni sfortunate.”

Non ha detto di essere stato frainteso. Ha dato ragione a chi ha pensato male di lui, e ha ribadito la sua posizione senza difendersi né cercare scuse. 

In realtà dal video si capisce che entrambi avevano bevuto, e che prima dello schiaffo anche lei aveva colpito lui. Ma non si è nascosto dietro questo comportamento.

Non sto affatto cercando scuse per questo. Non è mai successo prima. È la prima volta che succede. Le persone diranno quello che diranno. È così com’è, e qualunque cosa la gente dica è meritata. Lo merito. È successo. Non so perché sia successo, e io e mia moglie ci siamo scusati a vicenda e ci siamo scusati con i nostri figli.”

Nota come ha riportato sempre il discorso a quello che conta davvero: il fatto che loro si siano scusati tra loro e con i bambini. 

Tra le righe è comunque come se avesse detto: “Non sono fatti vostri”, ma senza cercare giustificazioni. 

Tra l’altro, ti invito a notare che c’è una bella differenza tra le due coppie. 

Da un lato, abbiamo Chiara Ferragni che ha reagito con disgusto e Fedez che l’ha scaricata dicendo che gli errori della moglie non lo riguardano. Dall’altro Dana White, che ha messo subito in evidenza il fatto che lui e la moglie si sono scusati tra loro e con i figli.

Tornando a Dana, dopo l’intervista ci sono state molte polemiche. Molti lo hanno criticato, ma un buon 50% delle persone ha cercato di difenderlo, dicendo che non era così grave. 

Si sono creati due schieramenti. In seguito, lui si è fatto intervistare una seconda volta. 

Anche qui non ha ringraziato chi lo stava giustificando. A differenza della Ferragni non ha nessuno che gli scriva i discorsi, ma è un genio.

Ha indetto una conferenza stampa, e ha dichiarato: “Nessuno dovrebbe difendermi. Non ci sono scuse per quello che ho fatto”.

Questa è la genialità della comunicazione. Qualsiasi scusa sarebbe togliere importanza al gesto. 

La lezione non è finita, perché Dana White ha dimostrato un’intelligenza ancora maggiore.

Quando gli è stato chiesto cosa avrebbe fatto per “fare ammenda”, ha dato una risposta esemplare.

“Quali dovrebbero essere le conseguenze? Dimmi tu. Mi prendo 30 giorni di pausa? Come mi danneggia? Il mio allontanamento danneggia la società, i miei dipendenti, i lottatori. Non danneggia me.

Lui è multimilionario, non gli cambia niente se viene sospeso. Ma per l’azienda è un danno. 

Proprio come nel caso della Balocco, sono i dipendenti quelli che rischiano di più, e lui ha dimostrato di esserne ben consapevole.

Dopo aver parlato delle discussioni con gli investitori in vista della fusione ha fatto altre dichiarazioni interessanti.

“Nessuno è felice di questo. Neanche io. Ma è successo e devo affrontarlo. La mia punizione è dover camminare finché vivrò venendo etichettato così.

La parte finale dell’intervista è geniale. Gli hanno chiesto come si riprenderà dal danno di immagine, e ha risposto come puoi leggere qui sotto.

Non ti riprendi. Non ti riprendi mai da questo. Per il resto della mia vita, per quanto lunga possa essere, la gente mi etichetterà così. L’ho fatto e basta, non ci sono scuse.” 

Vuoi sapere come è andata a finire? 

Prima lo sosteneva il 50% delle persone. Dopo hanno iniziato a sostenerlo tutti.

Nessuno gli ha più dato addosso, perché lui per primo ha detto che non ci sono scuse. La fusione si è quindi fatta senza problemi. 

Questo perché la gestione della comunicazione è stata perfetta.

È così che ci si scusa.

Dana White mi ha fornito il più grande esempio di comunicazione di crisi che abbia mai visto in vita mia. 

Chiara Ferragni dovrebbe fare altrettanto. Facciamo un esempio di cosa dovrebbe dichiarare. 

“Non ci sono scuse per quello che ho fatto. Ho commesso un’azione così inqualificabile che rischia di danneggiare l’immagine della beneficenza in sé e di tutte le iniziative di beneficenza che vengono fatte in Italia. Soprattutto perché ho una responsabilità così elevata, essendo l’influencer più popolare della nazione. Vi chiedo scusa anche se non ci sono scuse, sono affranta nel più profondo del cuore. Vi chiedo per cortesia di non difendermi, perché tutte le brutte cose che le persone stanno dicendo di me sono meritate.”

Anche se ha in mente una giustificazione, deve dire che non ci sono scuse. Non basta appoggiare un milione per chiudere la questione.

Fai tesoro di questo insegnamento, perché se mai dovessi trovarti in una situazione simile, è questo che devi dire. 

Senza arrampicarti sugli specchi per cercare scuse, ma assumendoti la colpa fino in fondo.

In conclusione di questo articolo, voglio ribadire un’ultima volta come si fa beneficenza in termini di marketing. 

  1. Se dici di fare beneficenza, la devi fare davvero.
  2. Controlla dove vanno i soldi. Ci sono iniziative più efficaci rispetto al rivolgersi agli influencer. 
  3. Le operazioni di co-branding con gli influencer hanno senso solo se tutto il loro cachet va in beneficenza.
  4. Se pronunci la parola beneficenza NON ti fai pagare, ma devolvi TUTTO. In più fai una donazione, perché non è solo un passaggio di soldi organizzato da te. 

Affermazioni come: “Il ricavato andrà in beneficenza” non hanno senso. 

L’azienda non ha speso nulla, la beneficenza l’hanno fatta gli altri. Se hai organizzato qualcosa di simile, hai semplicemente fatto girare dei soldi non tuoi.

Ha senso invece se dici: “Tutto il ricavato va in beneficenza. In più, io aggiungo una donazione di tasca mia”. Per esempio, puoi raddoppiare o triplicare il ricavato.

Insomma, devi uscire con meno soldi di quanti ne avevi prima. 

Altrimenti non è beneficenza, ma solo una marchetta. 

E con questo ti saluto. Fai tesoro di questi insegnamenti, e se vuoi ricevere in tempo reale preziose lezioni di business ispirate ai fatti di attualità, iscriviti al mio canale YouTube Altrimenti Merendiamo.

Rock ‘n’ Roll!

Frank

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