Il più grande FLOP di FERRERO [La vera storia]

Dopo aver creato brand eterni come Nutella e Kinder, si può affermare che il genio di Michele Ferrero è stato sempre e soltanto infallibile?

Purtroppo no. E con questo articolo analizzerò da vicino uno degli errori più colossali di Ferrero, affinché tu possa portarti a casa delle preziosissime lezioni di marketing e branding.

A questo argomento ho già dedicato quasi un’ora, in un video sul mio canale YouTube Altrimenti Merendiamo

Mi raccomando, vai a vederlo subito nel caso tu non lo abbia già fatto.


Il compito di questo articolo è quello di approfondire alcuni aspetti che nella diretta non sono emersi a dovere.


Sono concetti importanti ai quali voglio aggiungere “strati” di dettaglio che, per ovvi motivi, mentre spiego dal vivo possono passare in sordina.

Quindi, se sei pronto a cominciare, leggi parola per parola questo straordinario caso studio.

Onore a Michele Ferrero: un impero da 26 miliardi,
grazie a “la Valeria”

Michele Ferrero è stato un genio nel suo campo, come pochi ne sono esistiti.
Si potrebbe definire come uno “Steve Jobs” italiano, se consideriamo quanto le sue idee e i suoi prodotti abbiano impattato a livello mondiale.

Il fatto che mi trovi qui a scrivere un articolo che parla di un errore madornale, non smuove di un millimetro l’opinione che ho di lui.

Stiamo parlando di una persona che nel dopoguerra, e a seguire, ha creato prodotti vincenti a profusione, che vanno a ruba ancora oggi.

Nutella, Tic Tac, Mon Chéri e Kinder sono tra i brand più popolari dell’arsenale di Ferrero.

Quindi, che sia chiaro: il rispetto e l’ammirazione che provo nei suoi confronti è altissimo e inscalfibile.

Nessuno è perfetto e infallibile, il sottoscritto in primis.

Trovo che raccontare di un suo errore sia come una pennellata diversa in un quadro meraviglioso, che fa risaltare ulteriormente il suo enorme genio.

Soprattutto, se parliamo del suo segreto per il successo: “la Valeria”.

Chi è Valeria? Nessuno, ma anche tutti.

Valeria è il nome che Michele Ferrero dava affettuosamente alle donne italiane: mamme, nonne, zie e novelle sposine che ogni giorno andavano a fare la spesa.

“Se non ti comprano loro, sei finito” diceva quando parlava ai suoi dipendenti.

E aveva ragione.

Ogni volta che lanciava un prodotto aveva in testa “la Valeria”, e si poneva queste domande:

  • “Perché dovrebbe comprare il mio prodotto?” 
  • “A che cosa le serve?
  • “Con chi lo deve consumare?”

Domande sacrosante, che la maggior parte degli imprenditori ancora oggi NON si pone, nonostante una cultura del marketing in fortissima ascesa.

Lui, con questi semplici quesiti e l’intuito che poteva avere un uomo del dopoguerra, ha costruito un impero da 26 miliardi di euro.

Per quanto impossibile, sarebbe fantastico se potessi parlarci.
Gli chiederei se nella sua vita ha mai sentito parlare di Al Ries e del Brand Positioning, vista la sua sequela di successi.

Beh, nonostante sia molto probabile non sapesse nulla del posizionamento di marca, non ne ha sbagliata una… almeno fino a Gran Soleil.

Gran Soleil: il più grande fallimento
della storia di Ferrero

Secondo alcune mie fonti, questo prodotto è stato creato da un Michele Ferrero sull’orlo del pensionamento.

I numeri tornano. Gran Soleil è stato lanciato nel 2006, due anni prima del suo ritiro, e rilanciato sul mercato nel 2011, quattro anni prima della sua inattesa scomparsa.

Insomma, fino alla fine e nonostante tutto, parrebbe che la sua influenza all’interno dell’azienda avesse un grande impatto.

Del resto, come contraddire l’uomo che ha inventato in prima persona i brand che hanno fatto la fortuna del Gruppo Ferrero?

Non si può.

Ma avrebbero fatto bene a farlo, a dirla tutta.

Perché Gran Soleil è stato creato senza avere in testa “La Valeria”, ma soltanto il mercato che voleva aggredire.

Prima di analizzare tutti i problemi legati a questo prodotto, ti lascio qui sotto il video del primo spot andato in onda sulle reti nazionali, insieme alla trascrizione del testo pubblicitario.


“Alla fine di un buon pasto, pesce pasta con il pesto, c’è rimasto solo un posto, ma quel posto è prenotato, da un dessert che va agitato, e di seguito nel freezer congelato… Gran Soleil, il nettare degli dei! Gran Soleil, il nettare degli Dei! Il suo gusto è di limone, tra milioni di limoni, abbiamo scelto i siciliani, di natura profumati, che rinfrescano i palati, alla fine vi sentite sollevati. Gran Soleil, il nettare degli Dei!”

Anche per iscritto, faccio fatica a scegliere da dove cominciare.
Il motivo è semplice: non c’è un singolo aspetto che vada bene.

Il dato è questo:

Le leggi del posizionamento di marca
non sbagliano mai!

Prima la categoria, poi il brand

Che cos’è un “gran dessert”?

Nessuno lo sa. A parte Michele Ferrero, probabilmente.

È questo il primissimo motivo del fallimento di Gran Soleil.

Nella testa delle persone ci sono mille prodotti: i sorbetti, i gelati, i digestivi, le granite e, più in generale, i dessert.

Gran Soleil voleva essere tutte queste cose, e nessuna di queste.

Non si sapeva che cosa fosse, e neanche a cosa servisse avere in casa questo “brodino” da surgelare.

Addirittura le persone non sapevano neanche dove andarlo a cercare girando nei supermercati, dato che andava mangiato freddo, ma non veniva esposto nel banco frigo.

Guardavi la pubblicità e, oltre a un jingle martellante che ti entrava in testa, alla fine della fiera non capivi che cosa stavano cercando di venderti.

Non è un ghiacciolo, non è un gelato e neanche un sorbetto.

Quindi che è? Che ci devo fare?

Rispondere: “È un gran dessert” non è una risposta, perché nessuno sa cosa sia.

Andiamo per gradi, iniziando dal lato tecnico.

Al Ries, padre fondatore del Brand Positioning e di tutte le sue leggi, anche in questo caso ha avuto ragione.

Se non esiste una categoria presente nella mente delle persone, da cui creare una categoria ancora più focalizzata, non vai da nessuna parte.

Il tuo brand viene dopo aver scelto una categoria, mai prima.

Esistono le categorie “gelato”, “granita”, “digestivo”, e via discorrendo.

Nella testa delle persone “gran dessert” non risuona. Non significa nulla.

I prodotti più simili al Gran Soleil, ma che sul mercato fanno numeri da capogiro da decenni, sono sicuramente i Polaretti della Dolfin.

Rifletti con me un secondo: i consumatori hanno in testa la categoria “ghiaccioli”?

Assolutamente sì, e il brand Polaretti risuona per primo nella testa delle persone, come categoria “ghiaccioli alla frutta da surgelare a casa”.

Risolve un problema o soddisfa un desiderio?

Sì, perché con 40° all’ombra se compri i ghiaccioli già fatti per tuo figlio e li porti fuori dal supermercato, non arrivi neanche a casa che te li ritrovi in poltiglia.

Invece i Polaretti sono già “sciolti” quando li compri. Poi una volta arrivato li metti in freezer e sei a cavallo.

Gran Soleil, oltre ad “attaccarsi” a una categoria inesistente (gran dessert), cercava pure di vendersi male.

In una cena con amici o parenti, chi è che servirebbe ai propri ospiti una “bomba chimica” che devi agitare, ricordarti di surgelare una notte prima, e infine mettere a tavola con la sua (non) elegantissima confezione di plastica?

Anche qui, la risposta è nessuno.

Non a caso, coi Polaretti la Dolfin fattura dai 40 ai 50 milioni all’anno, mentre di Gran Soleil resta soltanto un lontano ricordo.

“Il nettare degli dei”

Quando la toppa è peggio del buco grazie alla creatività – Episodio 1

Mi è capitato di farlo poche volte, ma in questo caso devo spezzare una lancia a favore dei “creativi” di turno.

Come sempre succede, anche nel caso di Gran Soleil una grande azienda ha chiamato un’agenzia marketing di grido, piena di creativi. Stavolta, però, Michele Ferrero ha chiesto loro di pubblicizzare un prodotto che faceva acqua da tutte le parti.

Hanno tutte le attenuanti del caso. O meglio, le avrebbero… se il loro zampino non avesse peggiorato la situazione.

Di partenza, Gran Soleil aveva tutti i difetti del mondo. Ma qualcosa si poteva fare, per “controbilanciare” la situazione.

Magari trovando una spiegazione del perché dovevo congelarlo una sera prima.
Una ragione che mi “vendesse” la scomodità del dovermi ricordare di metterlo in freezer.

Oppure cercando di spiegarmi perché il “gran dessert” è meglio alla fine del pasto, rispetto a un classico amaro o un sorbetto.

O ancora, potevano dirmi perché diavolo dovrei agitarlo prima di congelarlo, dato che l’idea di scuoterlo mi fa venire in mente un processo chimico in corso, che io non vedo per via della confezione chiusa.

E invece no.

L’agenzia creativa della situazione ha pensato bene di:

  • Menzionare ogni caratteristica del prodotto, senza farci la cortesia di spiegare il beneficio di ogni aspetto per il consumatore.
  • Appiccicare un payoff che confondesse ancora di più le idee (“Il nettare degli dei”. Perché si sa, le rime vendono un casino).
  • Frullare il tutto in uno spot con musica, balletti e una canzoncina che non ti togli dalla testa per mesi.

Et voilà, il disastro è servito.

Oltretutto, veniva mostrata una situazione al limite dell’ingannevole.

Persone intorno a un tavolo che chiedono il dessert ai “camerieri”, e questi arrivano all’istante con il Gran Soleil pronto da mangiare.

“Frank, ma che ne sai? Magari li avevano preparati la sera prima, no?”

Certo, però già non ci sto capendo niente.

Poi mi dici che devo surgelarlo la sera prima, inserendo l’informazione dentro a un musical.

Poi giochi sull’equivoco perché nello spot mi fai vedere che questo coso è già pronto… permetti che quando lo compro e scopro l’inghippo, mi girino un attimo le scatole?

Se vuoi vendere di più caricati addosso i problemi dei clienti, e non il contrario!

Diciamo le cose come stanno.

Sicuramente il Brand Positioning e il marketing di questo prodotto lasciavano molto (molto!) a desiderare.

Su questo non ci sono dubbi. Ma la verità è che Ferrero ha creato Gran Soleil ragionando al contrario.

Sicuramente l’interesse dell’azienda era quello di mettere becco nel mercato dei gelati. E questa idea è di tutto rispetto.

Ma per farlo avrebbero dovuto attivarsi per gestire la catena del freddo: magazzini a temperatura controllata, camion frigo ecc.

Insomma, una roba che incide di parecchio sui margini.

“Quindi come la risolviamo?”
si saranno chiesti quelli di Ferrero seduti intorno a un tavolo.

La risposta che si sono dati assomigliava a: “Buttiamola sulla schiena dei consumatori, creando un prodotto che si devono surgelare loro”.

A completamento di questa vera e propria “ricetta per il disastro”, c’è anche il fatto che Gran Soleil aveva le dimensioni di uno snack freddo.

Mi vengono in mente a riguardo i Magnum Bomboniera di Algida, o la versione “gelato” di Bounty e Mars.

Il problema è che, a differenza di questi ultimi, Gran Soleil non potevi mangiartelo appena tornato a casa.

Alla Ferrero sanno benissimo cosa vuol dire produrre uno snack.

L’ovetto Kinder è l’esempio più lampante. Fu molto criticato all’inizio, perché in molti pensavano fosse assurda l’idea di un “uovo di Pasqua tutto l’anno”.

Il motivo per il quale funzionò è perché le persone stavano già consumando il cioccolato in quel modo. C’erano già i bambini che ne ricevevano dai genitori un pezzettino di tavoletta come merenda.

Ferrero lo ha reso più divertente, inserendo una sorpresa e dando un’altra forma al cioccolato. Tutto qui.

Ma anche la Nutella stessa è un altro esempio. Se hai fame o vuoi toglierti uno sfizio apri il barattolo, affondi il cucchiaino e lo richiudi (se non hai voglia di metterla sul pane).

Gran Soleil non ha NULLA di questa componente.

È un “gran dessert”, che però ha le dimensioni mignon di uno snack.

Ma non è un dessert, perché chiunque te lo tirerebbe dietro se provassi a servirlo a tavola come dolce.

E non è neanche uno snack, perché ha la componente più scomoda e anti-snack che il mondo abbia mai visto: aspettare.

Se voglio togliermi uno sfizio, voglio togliermelo adesso.

Ho fame, apro la dispensa e tiro fuori la prima cosa che mi ispira.
Qui invece devo aspettare ore e ore, prima di poter consumare questo cosetto al gusto di limone.

Capisci perché all’inizio dicevo che non sapevo da che parte cominciare?

Da dove lo guardi o lo giri questo prodotto ha errori madornali, che sono costati parecchi soldi a Ferrero.

Tutti i soldi del mondo non bastano a raddrizzare un’idea sbagliata!

Voglio fare una nota a margine che trovo molto divertente, ma soprattutto utile.

Quando un’azienda famosa produce un prodotto destinato allo sfacelo più totale, di solito è una classica estensione di linea.

Se non sai di cosa sto parlando, è molto semplice: mangeresti mai la pasta fatta dalla Coca-Cola?

Ovviamente no, e sicuramente penserai che è un’idea stupida produrre una cosa del genere.

E invece ne è pieno il mondo, dato che la convinzione che un brand forte possa fare da “cappello” a qualsiasi altro prodotto (anche se non direttamente correlato) viene fuori dalle università.

Quindi, mentre leggi queste righe, da qualche parte nel mondo un ragazzo si sta laureando per diventare qualcuno che metterà in commercio estensioni di linea, pensando siano ottime idee.

Servono esempi?

Potremmo parlare del profumo per donne di Zippo, l’iconica azienda che produce accendini.

Oppure potrei raccontarti di Heinz, e del suo ketchup colorato di blu.

Ma andiamo oltre a questo aspetto, perché Gran Soleil non è in alcun modo un’estensione di linea.

È un brand nuovo, legato a un prodotto unico… ma non si appoggia a una categoria esistente nella mente dei consumatori.

Come già detto, le leggi del Brand Positioning sono sacre. Mai violarle, o cercare di interpretarle a proprio piacimento e convenienza.

L’esempio di Gran Soleil, in realtà, è la “prova provata” che non esiste una cifra che possa “comprare” la violazione di queste regole.

In altre parole: puoi avere tutti i soldi del mondo, ma non bastano per raddrizzare un’idea nata male.

Il budget investito da Ferrero per Gran Soleil è senza eguali:

  • Campagne pubblicitarie in TV, radio e giornali. 
  • Corner nei supermercati per far provare il prodotto.
  • Feste in piazza in cui regalavano il “gran dessert” a chiunque partecipasse.

Addirittura nel 2007 e nel 2008 hanno vinto i Brand Awards, un premio per avere creato un mix innovativo di eccellenza attraverso la generazione di un nuovo prodotto e mercato, con nuove tecnologie di produzione, sostenuto da una campagna pubblicitaria di impatto e di facile ricordo.

Michele Ferrero era convintissimo, tanto da definirla “la Nutella del futuro”.

Ma, ahimè, sappiamo tutti come è andata a finire.

La spinta mediatica è stata enorme, e budget pubblicitari senza fondo come questi permettono sicuramente di “forzare la mano” al mercato.

Infatti, all’inizio il prodotto ha venduto discretamente.

Il problema è che tutti i soldi spesi in marketing hanno soltanto generato curiosità, che si è esaurita dopo il primo acquisto.

Un caso simile è quello della crema Pan Di Stelle. 

Barilla ha sicuramente venduto uno sproposito di barattoli. Poi però la gente cosa ha fatto?

Se la sono portata a casa dal supermercato, l’hanno aperta, l’hanno assaggiata e hanno detto: Buona! Però preferisco la Nutella!”.

Game over.

Oggi la crema Pan di Stelle ha delle quote di mercato ridicole, visto che il lancio del prodotto è ormai finito da un pezzo e non gode più della spinta pubblicitaria.

Quindi, la lezione è molto semplice, ed è importante soprattutto per i piccoli imprenditori.

Se la tua idea non sta avendo successo, non è detto che risolverai il problema facendola conoscere di più.

Se il tuo prodotto, il tuo servizio o il tuo modello di business si regge su un posizionamento fatto male, non c’è budget che tenga.

Puoi andare dall’agenzia marketing più creativa della storia per far ballare la Clerici con il tuo prodotto in mano in uno spot a reti unificate… ma sarà tutto inutile.

Prima la categoria, poi il brand.

Ferrero è una multinazionale che può permettersi di fare tutti gli errori che vuole, per poi ricominciare dai cocci rotti senza subire il colpo.

Ai piccoli imprenditori invece basta commettere una minuscola frazione dell’errore fatto da Ferrero, per ritrovarsi gambe all’aria col conto in rosso in tempo zero.

Quindi, assicurati di aver capito la lezione.

E a proposito di budget…

Attento al marketing che ti metti in casa!

Quando la toppa è peggio del buco grazie alla creatività – Episodio 2

Finito il primo giro di vendite e di pubblicità, Ferrero si accorse che questo “gran dessert” non stava producendo utili come si erano immaginati.

Così, nel 2011, tornarono alla carica rilanciando il prodotto.

Nessuno si è chiesto come mai la gente non andasse oltre al primo acquisto.
O magari sì, questo non lo so… ma di sicuro non hanno capito il perché.

Infatti, assunta di nuovo l’agenzia creativa di turno, ecco che è arrivato un nuovo spot.

Se già una volta erano partiti con un prodotto zoppo e una pubblicità al limite dell’assurdo, con la seconda campagna hanno dato il fatidico colpo di grazia.

Ti lascio qui sotto il secondo spot mandato in onda, con tanto di trascrizione.


“I signori desiderano un gran dessert, preparato con ingredienti semplici e genuini che delizi il palato e favorisca la digestione? Gran Soleil, il gran dessert ideale a fine pasto. Basta agitarlo, metterlo la sera prima in freezer, e dopo una notte ecco pronto un indimenticabile dessert, senza coloranti e senza conservanti, in confezione pratica ed ermetica.


Gran Soleil: con i migliori frutti del Mediterraneo, il grand dessert ideale a fine pasto. Al limone, e da oggi anche al mandarino.”

Non so se te ne sei reso conto, ma qui la situazione si aggrava… e anche di molto.

Lascia che ti spieghi il perché.

Quando si decide una categoria presente nella mente delle persone, è importante focalizzarsi su un attributo specifico.

In questo modo il brand si “abbina” all’attributo, e prende il primo posto nella mente dei consumatori in quella specifica focalizzazione.

Facciamo degli esempi ipersemplificati, così è più chiaro:

Categoria cioccolato + focalizzazione “per bambini” = Kinder
Categoria cioccolatini + focalizzazione “con liquore” = Mon Chéri
Categoria miele + focalizzazione “piccante” = Mike’s Hot Honey (ho scritto un articolo che racconta la storia di questo brand “monoprodotto” che fa milioni in America)

Ci siamo fin qui?


Bene, ora riguardati lo spot (o rileggi la trascrizione).

Lo vedi che non ne becca una?

Gran Soleil si appoggia a una categoria inesistente (gran dessert).

In più, cerca di focalizzarsi su trecento attributi contemporaneamente:

  • Fa digerire.
  • Ha ingredienti semplici e genuini.
  • Delizia il palato.
  • È senza coloranti e senza conservanti.

A momenti cura anche l’influenza e sgorga i lavandini.

Ovviamente scherzo, ma sto cercando di farti capire che se nel 2006 siamo partiti malissimo, col rilancio del 2011 il disastro era annunciato.

Per di più – cortesia dei creativi – il prodotto viene mostrato in un contesto lussuoso.

Nello spot si vedono chiaramente un ristorante d’alto livello e una brigata di cucina tipica degli stellati.

Quindi alla lista di attributi elencati poco fa aggiungiamo anche il lusso, in perfetta discordanza con la confezione di plasticaccia in cui veniva venduto.

Che poi, per completezza d’informazione, il prodotto veniva venduto semplicemente nello “scatolotto”. Nella confezione non c’era quella specie di sostegno trasparente a mo’ di coppa che si vede negli spot.

Ma questo è un dettaglio insignificante, nell’insieme di tutto ciò che è stato fatto da Ferrero.

Oltre a fare un’estensione di linea di sé stessa (prima si focalizzava sui limoni, adesso c’è anche il mandarino), ha buttato sul tavolo un budget stellare.

In primo luogo ha sponsorizzato tutta la catena di Autogrill, mettendo il Gran Soleil ovunque: totem col prodotto, poster, banner e via discorrendo.

In più, ha fatto realizzare dei vassoi con un “buco” a misura di Gran Soleil.

Tu ti prendevi un panino, e il commesso Autogrill appoggiava nello spazio apposito un Gran Soleil da farti provare gratis.

Non contenti, hanno realizzato un terzo spot con Antonella Clerici (non l’avevo menzionata a caso) ed Enrico Montesano.

Qui la Ferrero ha cercato di correggere il tiro, focalizzandosi sul favorire la digestione dopo i pasti, senza avere dei dati a dimostrazione di questo “superpotere”.

Infatti, si è anche beccata una segnalazione per pubblicità ingannevole.

A prescindere da tutto, ormai era troppo tardi: la situazione era irrecuperabile.

Le vendite non accennavano ad aumentare, quindi è iniziata la fase dei disperati tentativi.

Dopo aver promosso il prodotto come un “dessert” lussuoso ed elegante, Ferrero ha chiesto ai supermercati di posizionare il prodotto in avancassa.

Se non conosci questa parola, è presto detto.

L’avancassa è la zona poco prima delle casse dei supermercati dove di solito si fanno acquisti d’impulso: caramelle, chewing-gum, cioccolatini ecc.

Tutti prodotti che, essendo ad acquisto impulsivo, in teoria andrebbero consumati subito.

Tutti, tranne Gran Soleil.

E per finire, la ciliegina sulla torta: estensione di linea all’infinito.

Dopo l’introduzione del mandarino, ecco giungere Gran Soleil all’ananas, al mirtillo, al cioccolato, coi migliori chicchi di caffè, con la vaniglia del Madagascar e, perché no, anche al frutto della passione.

Sei nuovi gusti, per un totale di otto invendibili prodotti.

Possiamo dire che Ferrero ce l’abbia messa davvero tutta, per riuscire a mettere sulle tavole degli italiani il “gran dessert”.

Ma alla fine, per volontà stessa di Ferrero, nel 2014 questo prodotto è stato ritirato dagli scaffali per non tornarci mai più (speriamo).

Tre (immortali) lezioni di marketing per il successo delle piccole e medie imprese che possiamo imparare dal fallimento di Gran Soleil

Ho voluto parlarti di Gran Soleil perché, come avrai immaginato, dal suo enorme fallimento ci sono delle lezioni importanti da portarti a casa.

Arrivato fin qui, hai capito che ogni brand deve avere un attributo che lo focalizzi in una categoria già esistente nella mente dei consumatori.

A meno che tu non ti sia inventato la macchina per il teletrasporto, il tuo prodotto o servizio nasce in un mondo in cui le persone stanno già risolvendo un problema o accontentando un desiderio.

Il cioccolato esisteva già prima di Kinder, così come le creme spalmabili prima di Nutella.

Si può dire lo stesso della categoria “gran dessert”?

Esistono i sorbetti, i digestivi, le granite e i gelati. Ma Gran Soleil non voleva appartenere a nessuna di queste, lasciando il brand letteralmente appeso per aria.

La seconda lezione di oggi è che se vuoi creare un brand destinato ad avere successo, non devi fare estensione di linea.

Anche se in giro vedrai prodotti sugli scaffali che ti inducono a fare il contrario, non cedere.

Entrando nei bar o in una tabaccheria potresti aver visto un prodotto di Perfetti Van Melle, l’azienda di caramelle che possiede brand di grande successo come Vigorsol, Brooklyn e Chupa Chups.

A questo proposito, sapevi che esistono i Chupa Chups Choco?

Sono delle barrette al cioccolato che non hanno NULLA a che vedere con i famosi lecca lecca.

Ecco, vedendo un prodotto del genere, nella tua testa potrebbe balzare l’idea: “Se lo fanno loro che sono ricchi, vuol dire che è così che si fa”.


Quindi potresti pensare che non sarebbe poi così sbagliato appiccicare il tuo brand a qualcosa che non c’entra assolutamente nulla.

Bene, vuoi la verità?

Perfetti Van Melle può permettersi di aprire e chiudere estensioni di linea, con la tranquillità di non cappottare l’intera azienda se (guarda un po’) quel prodotto rimane invenduto.

Tu sei alla guida di una PMI. Fare la mossa sbagliata può costarti caro (ed essere irrecuperabile).

Studia il Brand Positioning, e guarda i casi studio che Al e Laura Ries hanno mostrato negli anni.

Se non ne hanno mai sbagliata una ci sarà un motivo, no?

L’ultima lezione, quella più importante, è che neanche tutto l’oro del mondo può aggiustare un’idea nata male.

Assicurati che il tuo brand, i tuoi prodotti o servizi e il tuo modello di business non violino le leggi del posizionamento di marca.

Gran Soleil è uno dei tanti infelici esempi. Ma Ferrero rimarrà un’azienda leggendaria, a prescindere da questa sua “macchia” sul curriculum.

Tu invece hai bisogno di fare investimenti mirati, e non puoi permetterti sbavature.

Stampa questo articolo, o rileggilo un’altra volta.

Sono più che sicuro che, capendo a fondo le lezioni che ti ho lasciato qui, il tuo successo arriverà prima che tu possa finire di dire: “Gran dessert”.

Rock ‘n’ Roll!

 

Frank

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