Il marketing non è difficile. Viene reso difficile per ammantarsi dietro chissà quale aura di speciale santone, creativo, grande cervello che prende idee geniali dall’iperuranio al quale in pochissimi hanno accesso.
Ma le cose non stanno esattamente così.
La prima regola inviolabile del marketing è : comunica SOLO la tua idea differenziante.
Detto nel modo più semplice possibile, non dovresti mai far uscire nessun pezzo di marketing a prescindere dal media e dal format che non risponda alla domanda del cliente :
“Perché dovrei comprare da te invece che da chiunque dei tuoi concorrenti, piuttosto che addirittura non acquistare nulla che abbia a che fare con il tuo settore merceologico dato che non ne sento l’immediata necessità.”
Il “come” non importa. Va bene qualunque format. Anche spot “narrativi” o con “storytelling” creativo vanno bene, ma se e solo se alla fine della fiera, esaurito il pretesto narrativo diventano concreti e spiegano perché si debba comprare quel dannato prodotto o servizio e perché si debba farlo subito.
Vincere il gran premio degli spot, l’oscar per la pubblicità grazie alla bellezza dello spot stesso ma mancando di dire ai clienti perché si dovrebbe acquistare il prodotto è il peccato capitale dei folli. La vanità.
La seconda regola inviolabile del marketing è: non variare il messaggio. La diversità e il variare messaggio nelle campagne sono IL MALE.
Le persone non hanno memoria. Ricordano solo qualcosa che è ripetuto all’infinito. Gli scemi creativi hanno bisogno di spingere sulla creatività e il cambiamento delle campagne altrimenti non mangiano. È il loro modello di business, altrimenti non avrebbero altro da vendere ai clienti.
I direttori marketing pure, hanno bisogno di spendere un budget e cambiare il messaggio per giustificare il loro stipendio o la loro nuova assunzione.
In sintesi è un mondo di idioti.
E per chi se lo stesse chiedendo la risposta è:
NO! La gente non si annoia e non vuole spot nuovi per quel motivo!
Una delle argomentazioni più idiote è che sia necessario variare la pubblicità, il marketing ecc… perché la gente “si annoia”. No, la gente non si annoia affatto. Come i bambini che chiedono ai genitori di raccontargli a letto le stesse fiabe alle quali sono affezionati, così sono gli adulti.
Ancora oggi se ci pensi gli spot che ci ricordiamo sono quelli storici della nostra infanzia, quelli ovviamente fatti meglio, quelli che ci hanno colpito di più e che sono ancora lì nella nostra memoria. Le immagini, gli slogan mitici, le musiche che accompagnavano quegli spot. Così come i nostri nonni e i nostri genitori si ricordano di Carosello.
A maggior ragione, una volta trovato il giusto mix in grado di comunicare la nostra idea differenziante, non solo non è necessario ma dovrebbe essere VIETATO permettere a qualcuno nel reparto marketing di variare o cambiare quel messaggio.
I creativi anche in buona fede sono attratti da tutto ciò che è IL MALE nel marketing:
- il nuovo,
- il mai visto,
- l’originale,
- il “fresco”,
- il diverso,
- ciò che varia,
- ciò che stupisce,
- ciò che non annoia,
- ciò che è imprevedibile ecc…
Tutte cose che al marketing fanno malissimo!
Come dice sempre Al Ries il vero ruolo di un direttore marketing in azienda dovrebbe essere quello di realizzare il messaggio giusto basato sul posizionamento dell’azienda, e poi vigilare con la carabina spianata e il grilletto carico affinché nessuno tocchi niente. Mai.
Le campagne si toccano solo quando smettono di funzionare. Certamente subito quando non hanno senso, ci mancherebbe, ma sempre ricordando che le campagne create correttamente durano decenni o durerebbero all’infinito (al netto di qualche necessario restyling), se non toccate nel nocciolo del messaggio che veicolano.
Ora, di tanto in tanto mi vengono fatte domande sul cosa io ne pensi di questa o di quella campagna. Ogni tanto la gente tanto buonina che si commuove davanti a esse, mi sottopone delle campagne “di beneficienza” per sapere il mio pensiero.
Il problema è che io non ho opinioni. Applico scienza e ragionamento deduttivo. Le opinioni esistono su quel 10% di discrezionalità che si può avere riguardo ai dettagli di un 90% di cose già corrette e sulle quali si concorda.
Posto che io e Al Ries per fare un esempio concordiamo su tutto riguardo a una campagna, possiamo avere preferenze sull’uso di un termine piuttosto che un altro o una sfumatura di colore rispetto a un’altra ecc… Minuzie insignificanti nel totale di: “Cosa funziona e cosa non funziona e cosa conta davvero”.
Ma non ci sono “opinioni” sui principi, sulle basi e sui fondamenti che costituiscono il marketing. Tornando a noi mi si è chiesto “cosa ne penso” (che è una domanda offensiva, la domanda corretta è “come si dovrebbe analizzare”) riguardo la campagna di beneficienza di Burger King che addirittura rimandava a una precedente campagna di beneficienza di Mc Donald’s.
Ecco, la versione breve, miei cari cuori candidi è che quando vedete una campagna di questo tipo, dovete riconoscerla immediatamente come una stronzata.
La beneficienza NON è MAI una buona idea nelle campagne.
Mai. Frega un cazzo alla gente se siete eco-buoni.
La gente è egoista. Il marketing si basa su questo. Se non vi piace, comprendo e capisco e addirittura condivido, ma non dovete fare marketing. Dovete combattere le vostre battaglie per un mondo migliore e più equo-solidale e andare fino in fondo per difendere e diffondere i vostri ideali con tutti i mezzi possibili.
Ma non potete sperare di farlo come creativi di una multinazionale che vende panini prodotti in catena di montaggio.
Lo so che cosa vi balena nel cervellino. Siete tutti uguali nel vostro cuoricino bianco candido equo-solidale:
“Se noi umanizzeremo la nostra azienda, mostrando con il nostro marketing che siamo preoccupati delle cause sociali, del pianeta, del benessere delle lumache nane del borneo ecc… allora la gente vedrà che siamo buoni, si commuoverà con la nostra campagna altamente emozionante e deciderà come ricompensa di comprare da noi! Vero Babbo Natale? Eh? Vero???”
Miei cari piccoli elfi del villaggio di Babbo Natale, ho un messaggio brutto purtroppo per voi: La gente è egoista, brutta e cattiva e non ricompenserà la vostra “finta bontà una-tantum” comprando da voi. Mai.
Attenzione, non sto dicendo che un certo numero di persone, nel momento esatto in cui vede la vostra campagna buona e commovente non si commuova sul serio rimanendo invece completamente impassibile, anzi.
Sto dicendo che questo commuovere le persone, emozionarle, farle riflettere su quanto male si stia facendo al mondo, ai disagiati, ai più poveri ecc… non cambierà di un millimetro le loro abitudini di acquisto.
Un po’ come i “Gretini” che hanno manifestato qualche giorno fa nelle varie città del mondo per “salvare il pianeta” e che appena finito se ne sono andati a sconfanarsi di panini al McDonald’s che dovrebbe essere invece il simbolo del consumismo eco-dannoso più sfrenato.
Attenzione: io sono certo che in mezzo a quella massa di persone che hanno manifestato e sfilato nei giorni scorsi vi sia sinceramente gente che sul piano puramente astratto, sul piano puramente teorico sia in qualche modo preoccupata per il pianeta.
Ma nei dati di fatto costoro continueranno a girare con il loro iPhone, ad accendere l’aria condizionata d’estate, riscaldamenti a palla d’inverno, gireranno in città con auto inquinanti e motorini a miscele uccidi flora e fauna e insisteranno a ingozzarsi di merda nei fast food. E a sporcare con tutta la plastica prodotta nel mentre.
Ecco, i vostri clienti sono esattamente come i Gretini che dopo aver sfilato se ne vanno al McDonald’s: nel momento in cui vengono “arringati” sono anche sinceramente commossi, riflettono sinceramente sul futuro del pianeta, dei poveri, delle marmotte del Titikaka… ma poi dopo cinque secondi tornano in modalità “Ma sticazzi!” e i loro comportamenti di acquisto non cambiano.
La gente vuole solo sapere perché cazzo deve comprare da voi invece che rimanere col fornitore/prodotto/servizio attuale o ancora meglio sbattersene il belino di ciò che vendete.
Se non glielo dite, infinite volte nell’arco della loro vita, non vendete.
Vi ricordate dello “scandalo piumini Moncler” con il servizio di Report che mostrava come le povere oche fossero maltrattate e torturate mentre venivano spiumate vive? Orripilante vero? Terribile vero? Inumano vero? Qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa vero? Certo.
Sapete chi ha fatto “qualcosa”? I consumatori. Dal giorno successivo al quel reportage, le vendite dei piumini Moncler sono RADDOPPIATE di colpo.
Perché chiederete voi? Per il solito motivo dirò io, miei piccoli e ingenui Puffi: posizionamento.
Quel reportage scandalo ha ricordato a tutti i consumatori che i piumini Moncler sono gli originali fatti in vera piuma d’oca! Così vera che gli hanno mostrato come le spiumano e le torturano pur di avere quella vera piuma d’oca! L’hanno mandato in mondovisione!
Fossi stato io il direttore marketing della Moncler avrei cominciato a comprare spot alla televisione per mostrare come siamo fottutamente bravi a torturare quelle cazzo di oche per creare i piumini in vera piuma d’oca originali.
Lo slogan?
“No pain no gain! Loro soffrono per farti godere! Non sprecare il loro sacrificio e compra questi cazzo di piumini!”
Ecco come si fanno quei cazzo di spot. Le palle ci vogliono!
Tornando un attimo seri, vi è solo UNA eccezione al concetto di beneficienza inefficace, e cioè quando un’azienda NASCE come un progetto legato alla beneficienza in qualche modo e quindi quel messaggio volente o nolente è ripetuto all’infinito.
Una campagna di beneficienza ogni tanto, non solo non serve a nulla come messaggio (soprattutto fatta da un’azienda che fa panini di merda), ma inoltre si CANCELLA dalla mente delle persone in 0,2 millisecondi.
SECONDARIAMENTE, al massimo una campagna di beneficienza, se orientata correttamente verso il posizionamento del brand e non a cazzo di cane come questa, può servire negli stadi embrionali del lancio di un brand come momento di PR, che deve essere però capitalizzato correttamente.
Ricordiamoci la regola terza legge inviolabile del marketing:
I brand si costruiscono con le PR e si difendono con la pubblicità”.
Un brand vecchio come Burger King non ha più potenziale di PR. È finita. Deve solo difendersi e cercare di conquistare fette di mercato con la pubblicità, possibilmente ritrovando prima una idea differenziante che al momento non ha.
Sintesi tecnica di questa campagna: Non ne hanno azzeccata mezza neanche per sbaglio.
Voto: ZERO.
Anche tu vuoi costruire una campagna marketing che funzioni davvero mentre gli altri buttano soldi dalla finestra?
Se muori dalla voglia di scoprire quali sono i vantaggi di una campagna marketing che funziona, clicca sul pulsante QUI sotto.
Rock ’n’ Roll!
Frank
4 Commenti. Nuovo commento
Sei un genio Frank! Mi chiedevo: le PR si possono fare solo in fase di lancio di un brand (ammesso che abbia un giusto posizionamento e modello di business) o si possono continuare a fare di continuo durante la sua espansione?. Grazie in anticipo. Ti stimo per la mole di contenuti di estremo valore che pubblichi. Meriti tutto il successo del mondo!
Le PR servono per il lancio del brand prevalentemente.
La regola base è : “I Brand si costruiscono con le PR e si difendono con l’advertising”.
Quando un brand è già stabilito nella mente dei clienti, le PR diventano inutili. Coca Cola che PR dovrebbe fare? Dovrebbe invece concentrarsi nel fare advertising che ricordi perché dovrebbero preferirla rispetto alla PEPSI 😉
Bellissimo articolo , complimenti Frank, ma secondo te dietro quel servizio di report c’è moncler che ha costruito tutto a tavolino oppure la Rai nel fare quel tipo di inchiesta gli ha fatto pubblicità indiretta?
Non c’è nulla di costruito a tavolino. Report voleva davvero “sputtanare” Moncler… solo che ha ottenuto l’effetto contrario.